Mi restano ancora alcune bombole da caricare per l’immersione di domani, sono al cantiere, il sole sta per piegare la sua schiena verso il mare. Intanto che il compressore brontola, faccio quattro passi per guardare oltre la grande saracinesca che apre verso le Eolie.
Stromboli sbuffa, un pennacchio si allunga verso gli strati più caldi dell’aria.
Il paesaggio semi industriale del cantiere è un contrappunto musicale di possenti macchinari, barche che aspettano di essere mantenute, strilli d’operai in lingue e dialetti del mondo e infine la natura aspra della Calabria che fa da spartito su cui apporre le note musicali di questa ballata folk.
Un pescatore irrompe nell’assordante confusione di motori marini e compressori. È Gino, l’uomo con cui l’anno scorso avevo parlato circa il pedagno da non lasciare sulla Motonave Viminale. Non è la prima volta che passa di qui, in cantiere. Viene un po’ per salutare ma soprattutto per rassicurarsi che non siano lasciate in mare cime dannose per la pesca. Gino in mano stringe un piccolo pesce spada di legno. È stupendo, elegante e sinuoso nonostante si vedano chiaramente i segni del coltello che hanno sbozzato il pezzo di legno da cui è nato.
Il pesce spada qui è tutto.
Questo pesce ancora è catturato con le antiche spadare, imbarcazioni condotte da uomini che arpionano il pesce con fiocine scagliate dalla passerella di prua: il pesce spada rappresenta tradizione e sussistenza di molte famiglie locali.
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