Pellaro, rotta a sud dello Stretto

Essere coautori di uno stesso articolo, fondere i pensieri mediante un unico getto d’inchiostro, parlare di mare in condivisione stretta, se da un lato può sembrare un’esperienza difficile dall’altro diventa, viceversa, stimolante e interessante senza che nessuno dei due “contendenti” virtuali debba rinunciare a qualcosa.

pellaro

Troppo grande, infatti, l’amore per la nostra terra e per quei siti in cui, fin da ragazzi, abbiamo affrontato – ognuno con le proprie autonome esperienze – quel mare di Calabria che ci ha cresciuti e visti sempre al suo fianco tra insidie e meraviglie in esso contemporaneamente presenti.

Un mare che ci ha stupiti ogni volta che lo abbiamo affrontato e che oggi offre ancora il suo spettacolo della vita pur in un contesto di inevitabili cambiamenti.

E così i pensieri scambiati nel corso di questi anni si sono naturalmente tramutati in emozioni condivise e, soprattutto, in una comune visione di divulgazione consapevole ed autentica.

I nostri sforzi di stesura, in questa particolare occasione, si sono concentrati sulla parte a Sud – quella meno nota e colorata, forse la più difficile, sia da capire che da apprezzare – facente parte di quel braccio di mare che unisce e nel contempo divide due meravigliose Regioni (Sicilia e Calabria) simbolo di storia e civiltà: lo Stretto di Messina.

Trenta miglia che segnano l’ipotetico confine fra Mar Jonio e Mar Tirreno. Un “pezzo” di Mediterraneo le cui cornici sono rappresentate dalle ideali trasversali Scilla – Capo Peloro a Nord e Capo d’Armi – Capo Sant’Andrea a Sud.

Un “scontro” di due diversi bacini che genera, in questa zona, correnti di marea impetuose le quali danno vita a movimenti idrodinamici aventi direzione opposte ed alternate con flussi che si alternano, durante le ventiquattro ore, ad intervalli regolari di circa sei ore.

Il resto è su scubazone n. 40

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