Miniera Valvassera: esplorazione galleria “Melanconia”

La gioia di preparare la sacca speleo è una pratica che unisce scelte e rinunce.
Di fronte hai solo un sacco gommato vuoto, dentro può starci tutto o niente. Devi saper scegliere cosa portare, quando inizi a camminare percepisci il peso, quando arrivi al campo base ciò che hai dimenticato te lo ricordi, quando apri il sacco e trovi attrezzature inutili ti accorgi di aver compiuto un errore. Dopotutto, la vita non è la stessa cosa, chi porti o chi sacrifichi nel decidere come riempire il tuo sacco?

Il mio sacco speleo questa volta passa, senza ombra di dubbio, i trentacinque chili.
È lì, a terra, immobile che mi guarda e aspetta che lo alzi, lui lo sa che l’entusiasmo della partenza ti porta ad avere una forza maggiore di quella che avrai lunga la via della discesa. Già, lui lo sa e anche tu, eppure dentro quel sacco hai messo solo l’indispensabile, o quasi. Corda, moschettoni, imbrago, erogatori, tenda, sacco a pelo, cappello di lana, Phy Calidarium, casco con luci video e primarie, guanti, bombole da 5l caricate a 260bar, la muta stagna e soprattutto tanto entusiasmo.

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E così finalmente si parte.

È un anno esatto che salgo e scendo dalla montagna della Val Castellera, sulle Prealpi varesine, alla ricerca di ciò che resta della miniera di Valvassera. Si tratta di un antichissimo insediamento minerario, già sfruttato dai Romani e poi in epoca Borromea, successivamente nel Seicento e poi ancora nell’Ottocento con le prime industrializzazioni fino ad arrivare al Novecento. Il Secolo Breve ha visto lo sfruttamento della Miniera fino agli anni Cinquanta con l’ultima società che l’ha gestita: la MI.RI.VA (Miniera Riunite Varese).  Gran parte di questo insediamento minerario è stato già studiato da geologi e speleologi terrestri, tuttavia restano ancora alcune gallerie inesplorate, queste infatti sono parzialmente o completamente allagate. Da qui ha avuto inizio la mia ricerca che unisce storia, avventura, subacquea e passione per la trazione del territorio da cui provengo e a cui sono legato, storicamente e geograficamente.

La natura in Valvassera è sempre aspra.

Non siamo ancora usciti dall’inverno, sebbene siamo a metà a aprile inoltrato. Ogni volta questa valle mi appare un posto dimenticato dal buon Dio. I castagni, caduti durate le nevicate invernali rivelano le loro nodose radici che si avvinghiano ai grandi blocchi di porfido disseminati lungo il sentiero.

Il primo tornante con il muretto a secco arriva piuttosto presto, da qui procediamo di buon passo verso il punto in cui il sentiero si biforca. A sinistra si trova un’antica costruzione ottocentesca, costruita con blocchi a secco e squadrati di pietra rossa. È posta esattamente in asse con la laveria del sottostante Livello Cesare.

A destra il sentiero sale in cresta verso la cima delle alture locali, procedendo sul sentiero di sinistra si va in direzione della miniera. Ora camminiamo a mezza costa della montagna, in modo piuttosto agevole per circa mezz’ora. Il sentiero si snoda tra noccioli, castagni e betulle finché si arriva all’ultima lieve salita dove si trova l’ultimo avamposto minerario ottocentesco della Miniera di Valvassera. Il torrente Castellera divide la valle, ora scorre alla nostra sinistra, lo si sente scrosciare più in basso di qualche centinaio di metri. Proseguendo dovremo attraversarlo per andare prima alla Galleria del Saggio e poi proseguire ai Livelli Superiori dove dovremo effettuare la prima esplorazione subacquea di questo ramo di Miniera.

 

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