Avevo solo tredici anni (1978) quando i colori del mare si accesero per me, neofita dell’immersione, nell’oscurità tenebrosa. Da allora ho sempre subito il fascino dell’immersione notturna ed è di notte che ho fatto molte delle mie più belle fotografie.
Ma quanti sanno veramente cosa significa immergersi di notte, anche a grandi profondità, sbirciare il fantastico mondo della fauna marina e trovarsi sott’acqua in pieno inverno, a luci spente, circondati da plancton bioluminescente? L’immersione notturna, per quasi tutte le didattiche oggi esistenti, è una delle tante specialità; ma è una pratica che andrebbe valorizzata e alla quale sarebbe doveroso dedicare particolare attenzione.
Nei miei viaggi in giro per il mondo ho sempre chiesto prima la possibilità di poter fare immersione notturne illimitate, magari a discapito della comodità della barca; meglio una barca spartana ma grandi possibilità operative, che una barca di lusso con poche opzioni.
E in Mediterraneo? Solo per conto proprio o con pochi pazzi che subiscono il fascino di questa straordinaria attività; o presso i diving pazienti che possono aiutarci in questa direzione. Tra questi non posso dimenticare un caro amico di Alghero, Marco Busdraghi, col quale ho condiviso alcune splendide notturne nel mare di Capo Caccia, in Sardegna, a profondità esigue, mai superiori ai venticinque metri, ma con sorprese degne di essere menzionate. Alla fine degli anni ottanta il mare di Capo Caccia nascondeva infatti una ricca fauna e incontrare grossi sparidi nel buio era a dir poco frequente. Era giugno e il cielo stellato era turbato soltanto dal fascio di luce del faro che sovrasta il promontorio a picco sul mare.
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