Sdraiata sul fondo, tra tante che le somigliano, una spugna allunga una zampa e si sposta. “L’autore deve avere bevuto”, penserà qualcuno; ma non è così: sono certo, si è mossa.
Del resto possono testimoniarlo anche le altre spugne, che, per conoscere più a fondo una così dinamica conspecifica, laverebbero i piatti tutta la vita. Imperturbabile, la camminatrice prosegue, andando poi a sdraiarsi su un’altra spugna, e lasciando le rimanenti gialle d’invidia. Poiché le spugne son mute, la fortunata che ha fatto da cuscino ha taciuto, pur sprizzando felicità da tutti i pori. Non che io sia curioso, ma l’episodio meritava un’indagine. Mi sono avvicinato, per osservare meglio: come tutti i poriferi, anche questa spugna ha il corpo gibboso, costellato di fori. L’esame ravvicinato, però, mi rivela che ogni orifizio è dipinto; ma con un’abilità e un dettaglio, da potersi confondere coi fori dei poriferi vicini.
Chi ha realizzato il capolavoro forse ha letto il “De pictura” dell’Alberti e appreso perfettamente ogni tecnica. Se fosse un uomo, potrebbe fare il falsario e terrorizzerebbe ogni banca centrale. Ma l’Interpol, al momento, può starsene tranquilla, almeno fino alla prossima metempsicosi. Se le forze dell’ordine non han nulla da temere, non è però così per molti pesci: uno che si camuffi in tal modo, non è certo animato da spiriti samaritani. L’essere se ne sta immobile con, sopra a un’estremità, una poco visibile antenna terminante in un piccolo fiocco chiaro che oscilla leggermente. Escludo che sia un fazzoletto e che voglia salutare qualcuno.
Poi osservo che lo strano attrezzo penzola sopra una spaccatura della spugna. Eh no!.. Non è una spugna, questa… Quella fenditura è una bocca, e la sedicente spugna è un pesce: un antennario.
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