Il progetto sul relitto della nave ospedale Po

La nave ospedale PO, una delle ventidue navi bianche, utilizzata per rimpatriare ammalati, naufraghi e feriti nel corso della Seconda Guerra Mondiale, arrivò nella baia di Valona, la sera del 14 marzo 1941 e ormeggiò vicino alla costa, a un miglio dalla foce del rio Secco.

nave ospedale po

In questo modo, l’indomani, sarebbe stato possibile trasferire a bordo i feriti che provenivano con ambulanze e camion dalle baracche dell’ospedale militare n.403, situato su una collina intorno a Valona. Per ordine del Comando Marina di Valona, la nave ospedale, dipinta di bianco, con fasce verdi sulle fiancate e grandi croci sui fumaioli, sempre illuminata e riconoscibile nell’oscurità, quella notte mantenne spenta l’illuminazione, poiché le sue luci avrebbero potuto far individuare agli aerei ricognitori inglesi le altre navi ormeggiate nella baia.

Poco dopo le ventitré, cinque aerosiluranti Swordfish dell’815° Squadron della Royal Navy, decollati dall’aeroporto di Paramythia in Grecia, oltrepassarono indisturbati la catena montuosa della penisola del Karaburuni, sul versante occidentale della baia di Valona e raggiunsero il mare. L’aerosilurante inglese, al comando del tenente di vascello Michael Torrens-Spence, si abbassò a volo radente sulla superficie dell’acqua e sganciò un siluro che colpì la nave ospedale sulla fiancata di dritta. In pochi minuti, la PO cominciò ad inclinarsi, così che venne dato l’ordine di abbandonare la nave e calare le scialuppe in mare.  Delle duecentoquaranta persone imbarcate, persero la vita venti membri dell’equipaggio, quattro infermiere della Croce Rossa: Wanda Secchi, Emma Tramontani e Maria Federici, nel corso del naufragio, Maria Medaglia, dopo qualche mese, per setticemia, per aver ingerito acqua mista a nafta.

L’allora trentenne crocerossina Edda Ciano Mussolini, figlia del Duce, si salvò raggiungendo, con un mezzo di fortuna, la spiaggia di Radhime. La chiglia della PO si adagiò su un fondale di 35 metri. Il piroscafo era talmente imponente che l’estremità dell’albero maestro affiorava dalla superficie per oltre un metro, indicando così con esattezza il punto del naufragio. Nei giorni seguenti tre unità militari e otto palombari lavorarono all’interno della nave, per effettuare il recupero delle salme. Da allora il relitto giace nella baia di Valona, a un miglio dalla costa.

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