“Se noi italiani dovessimo mangiare solo pesce che proviene dalle nostre acque non ne avremmo più a disposizione, approssimativamente, intorno alla fine di marzo di ogni anno”. Inizia così “Il pesce è finito – lo sfruttamento dei mari per il consumo alimentare”, il nuovo saggio del naturalista Gabriele Bertacchini, edito da Infinito edizioni, patrocinato da Oceanus onlus.
Un viaggio sotto la superficie dell’acqua, tra moderni attrezzi di cattura, dati impietosi, avvenimenti di cronaca, specie viventi che stanno diventando sempre più rare, per diventare consumatori più consapevoli e fare le scelte migliori.
Peschiamo troppo e lo stiamo facendo male, se è vero che, contemplando anche il deterioramento lungo la filiera, circa il 40% di tutte le catture non arriva al nostro piatto. Per alcuni “prodotti”, le catture accessorie possono essere anche più del doppio rispetto la specie per la quale si è usciti in mare. Per un chilogrammo di gamberetti, ad esempio, è possibile trovare nella rete anche più di cinque chilogrammi di animali “non desiderati”, che finiscono per essere sacrificati nel nome degli attuali modelli di consumo. Per un chilogrammo di cannolicchi pescati con le draghe turbosoffianti vi possono essere altri tre – quattro chilogrammi di esseri viventi che non vengono commercializzati.
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