“Fu allora che vide Bahira. Camminava verso di lui come sci-volando sull’acqua. I capelli neri le cadevano a ciocche pesanti sue spalle di bronzo.
Lei alzò lo sguardo. Occhi così li aveva vi-sti solo in certe ragazze beduine o afghane. Sguardi maestosi, raccolti prima che un velo li frenasse. Ma quella ragazza non era beduina. Le beduine non se andavano in giro in perizoma. E non usavano bagnoschiuma al cocco.
Ciao Thomas, disse lei, noi ci conosciamo, mi chiamo Bahira.
Era imperdonabile, non si ricordava. Si sforzò di far salire un sorriso alle labbra, ma gli uscì una smorfia strana.
Tu, sei…
Io sono il Mare. T’aspettavi un tizio con la barba inanellata e un tridente in mano?”
Parto da qui, dal primo capitolo di Io Sono Il Mare per raccontarvi come ci sono arrivato, a vedere il Mare come un’entità femminile. Me l’hanno chiesto in tanti. Come altri prima di me, mi sono porto una domanda: cos’altro può essere l’entità che ha generato la vita sul pianeta se non una femmina? Il Mito, quella fabbrica di simboli e archetipi che ci portiamo dentro da millenni, offre una risposta diversa. Ma solo perché c’è stato il trucco.
Nell’antica classificazione degli elementi, e non c’è bisogno di essere dei fricchettoni new-age per comprenderne il concetto, l’acqua e la terra sono elementi femminili, mentre l’aria e il fuoco sono due maschi. L’acqua e la terra assorbono e generano, l’aria semina i pollini Il fuoco… be’, è quello che fa più casino di tutti: anche lui un maschio a tutti gli effetti.
Lascia un commento