Il fascino che la visita di un relitto sommerso esercita sulla quasi totalità dei sub ha molto a che fare con l’immedesimazione con i protagonisti delle vicende. Si potrebbe definirla un’immersione nell’immersione. Negli eventi trascorsi, nelle vite dei protagonisti, nella storia in sé.
Poco al largo della penisola di Gallipoli (Gelibolu), nello stretto dei Dardanelli in Turchia, poche decine di metri d’acqua custodiscono i resti della campagna della Prima Guerra Mondiale che ha visto scontrarsi i paesi della Triplice Intesa (Gran Bretagna, Francia, Russia) con l’Impero ottomano supportato da Germania e Austria-Ungheria.
La Triplice voleva forzare lo stretto, arrivare a conquistare Costantinopoli (l’odierna Istanbul) costringendo l’Impero ottomano a ritirarsi dal conflitto, ripristinando così gli scambi commerciali con la Russia attraverso il Mar Nero.
L’offensiva però fallì in maniera clamorosa, con perdite enormi da ambo le fazioni: 44.000 morti nella Triplice, con grandi lutti anche fra gli eserciti alleati di Australia, Nuova Zelanda e India, e 87.000 agli ottomani.
Una campagna che, sulla carta, avrebbe dovuto risolversi velocemente e con successo si trasformò in una carneficina, e molti mezzi andarono perduti tra i flutti dello stretto.
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