Il commercio internazionale di cinque specie di squali, di tutte le mante e mobule, come di tutte le loro parti (branchie e pinne comprese) dovrà essere giustificato con licenze e attestati comprovanti che il pescato è stato ottenuto in modo sostenibile.
Questa è la decisione presa al CITES, Convention on International Trade in Endangered Species of Wild Fauna and Flora. I nuovi controlli adottati dal CITES si applicano allo squalo pinna bianca oceanico ( Carcharhinus longimanus ), allo squalo martello festonato (Sphyrna lewini ), al grande squalo martello ( Sphyrna mokarran ), pesce martello ( Sphyrna Zygaena ), lo smeriglio ( Lamna nasus ) e mante e mobule tutte ( Manta spp .) che da ora verrano inclusi nell’Appendice II della CITES, cioè gli animali a ‘traffico limitato’. Un passo dietro al bando totale.
Grande notizia, ma c’è chi non s’adegua. Elenchiamo qui i paesi che non amano il controllo sul traffico delle suddette specie e che non hanno aderito. Con la loro libertà di scelta si prendano anche la responsabilità d’immagine che ne consegue e possibilmente l’impatto negativo sul turismo:
Danimarca (per conto della Groenlandia), Canada, Guyana, Giappone, Islanda e Yemen. Tutti hanno dichiarato che non si sentono vincolati dalle nuove norme e che continueranno a pescare alcune o tutte queste specie. Secondo la normativa, però, saranno solo in grado di commerciare con altri paesi che non hanno aderito e non con quelli che hanno già prenotato le quote. E la Cina, il principale mercato per le pinne di squalo e le branchie di mate e mobule, curiosamente non lo ha fatto.
Serve davvero un bando internazionale? Dal bando del CITES sulle pinne di squalo il consumo di zuppa di pinne di squalo, piatto dell’upper-class cinese, è diminuito del 70%. Sarà anche che di squali ce ne son di meno…
per approfondire:
BBC- First ban on sharks and manta ray trade comes into force – ing,
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