Un articolo pubblicato dalla rivista Nature mette in luce nuovi punti da tenere in considerazione quando si parla di biodiversità.
L’articolo considera la diversità dei pesci.
Nell’interpretazione tradizionale si è sempre considerata diversità come sinonimo di abbondanza di specie diverse, e sotto questo aspetto la massima biodiversità coincide necessariamente con le formazioni coralline dell’arcipelago Indo-Australiano (Indonesia, Malesia, Filippine, Papua, Australia).
Ma il concetto di diversità è in realtà più complesso, non riguarda solo quante specie ci sono, ma anche cosa fanno, che risorse alimentari utilizzano, come raccolgono il cibo, dove vivono, se sono diurni o notturni, se hanno comportamenti sociali.
Da questo punto di vista una comunità di reef ha molte specie che fanno essenzialmente le stesse cose, che si sovrappongono, cosicché alla fine la diversità funzionale, cioè la presenza concomitante di animali che fanno cose diverse, può essere maggiore in ambienti che non sono esattamente di reef.
Come si vede dalla cartina, in base alla diversità funzionale le Galapagos superano l’Indonesia, e altri punti caldi si trovano in aree insospettabili.
L’articolo sottolinea la necessità di proteggere in modo adeguato anche queste aree: in un ambiente popolato da specie che fanno cose diverse tra loro, la perdita di una sola di loro può avere conseguenze rovinose. Le aree che ben conosciamo rimangono quelle da proteggere perché ospitano un numero eccezionale di pesci, ma occhio anche alla grande diversità funzionale di aree come Galapagos o la vicina Isla del Coco.
Nella foto in alto una delle specie più strane tra gli endemismi di Isla Coco.
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