I relitti hanno sempre rappresentato qualcosa di affascinante e al tempo stesso intrigante per un subacqueo. La figura di una nave affondata celata nella penombra e avvolta dal blu delle profondità esercita forte attrazione sull’uomo in immersione e oggi c’è persino chi si concentra anche solo sui relitti sommersi, sul cosiddetto “ferro”, dedicando l’attività all’esplorazione di qualcosa che giace sui fondali marini ma che ha alle spalle una storia da raccontare, enfatizzata dal suo triste e drammatico finale. All’esplorazione del relitto si abbina l’esercizio di quella che oggi è definita “immersione tecnica”, un’attività impegnativa che consente di visitare anche relitti profondi e molto interessanti a livello scenografico e forse mistico.
Ma quando si parla di relitti, solo di rado si pensa alla biologia di questi ambienti nati a causa dell’infiltrazione di elementi umani nel mondo sommerso. Pezzi di grandi dimensioni, come navi, aerei o altro, che una volta sul fondo iniziano un nuovo percorso vivente, mutando aspetto ogni giorno in virtù dell’avanzare della colonizzazione da parte della linfa vitale del mare. I relitti, osservati da questo punto di vista, diventano substrato disponibile e rifugio abitabile; substrato per invertebrati e alghe, rifugio per pesci, molluschi e crostacei.
Da sempre mi dedico all’osservazione dell’avanzare della vita, negli anni, su un substrato estraneo all’ambiente marino. Un susseguirsi di situazioni caratterizza quello che può essere definito, senza esitazioni, un ambiente in continua evoluzione. Ciò che colpisce sono i cambiamenti giorno dopo giorno, mese dopo mese, anno dopo anno. La nascita e la morte di diversi ecosistemi, generati dalla presenza di elementi estranei all’ambiente sommerso, incuriosisce l’osservatore attento che studia ogni passo e accadimento di questi mondi, isolati sui fondali marini. Per questo genere di studi sono necessarie molte immersioni, molte fotografie e una grande passione. Quando si parla di biologia dei relitti è necessario innanzitutto separare gli stessi per tipologia e dimensione.
Ci sono relitti molto grandi, relitti di media dimensione e piccoli relitti. Riguardo la tipologia, possiamo distinguere i relitti in antichi e recenti, in legno o in ferro, imbarcazioni, velivoli, autoveicoli, scarti di costruzioni, attrezzature da pesca in disuso e così via. Queste distinzioni, quando parliamo di ecologia e biologia, ci interessano per comprendere il tipo di ecosistema che ne può nascere e la durata, nel tempo, dello stesso. Anche il tipo di fondale su cui giace un relitto influisce sul tipo di ambiente che verrà a crearsi. Sui fondali sabbiosi, per esempio, il relitto diventa punto di riferimento per tante specie di pesci e invertebrati, una sorta di oasi felice.
Le fotografie, ripetute nel tempo con una certa cadenza, possono aiutare a comprendere le modalità con cui si innesca la trasformazione di un elemento estraneo finito in fondo al mare; una metamorfosi che rende un prodotto di scarto umano qualcosa di prezioso (quando non inquina) per l’ambiente marino.
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