Le immersioni da terra hanno uno strano fascino. Cercherò di capire perché, ma per farlo con rigore dovrei cominciare da una corda che anticamente faceva il giro di Shark Reef.
Era marcia e ben concrezionata, come si conviene a qualsiasi cosa lasciata a stagionare in mare. I subacquei anziani di Sharm el Sheikh mi spiegarono che era stata messa lì perché una volta ci si immergeva dalla riva. Qualcuno sosteneva che l’avessero posata gli israeliani all’epoca dell’occupazione, qualcun altro nominava i pionieri europei di Sharm el Sheikh. La mia prima considerazione fu che un qualsiasi oggetto avvoltolato su un reef non avrebbe fatto del bene ai coralli. In sostanza cercavo un colpevole, ma mi sfuggiva la Storia.
Negli anni settanta le immersioni a Sharm si facevano dalla riva, caricando subacquei e attrezzature su una jeep, o su un pulmino Volkswagen. Era un mondo tutto da scoprire e tanti punti d’immersione erano ancora senza nome. Con l’arrivo delle due prime barche la situazione non cambiò molto; i subacquei continuavano a immergersi prevalentemente dalla riva, tante stuoie, tanti barbecue, chitarre e fuochi dopo le notturne. Doveva essere un bel momento.
Avrò fatto il novantacinque per cento delle mie immersioni dalla barca, ma tra le giornate memorabili, quelle cioè che tornano in mente, e che gli altri subacquei mi ricordano più spesso, c’è una strana sproporzione tra barca e riva. Mi ricordo ancora benissimo dello storico barbecue a casa mia, almeno venticinque anni fa, nel nord dell’Inghilterra, dopo che avevamo sbagliato a leggere le tabelle della marea. Il gradino nella roccia dal quale eravamo entrati in acqua non s’era abbassato di un metto sul mare, ma s’era alzato di due. E per tornare a casa c’era toccato fare gli alpinisti. Memorabili le serate di luna piena su una spiaggia desertica di Ras Mohammed, o quelle passate con le mani nelle bacinelle d’aceto per colpa dei ricci. Notturne al cardiopalmo sulle pareti di South Wall, a Grand Cayman, e grandi operazioni di pulizia dei fondali, nei mari e nei laghi del mondo, tornano in mente e nelle email con una frequenza che non rispecchia la proporzione tra il tempo passato a terra e quello in barca. Eppure la barca è enormemente più comoda: ti siedi davanti a bombola e gav, infili le braccia negli spallacci, due passi e splash.
Trovi l’articolo completo su ScubaZone 56
Lascia un commento