Lo scrivente non avrà alcuna responsabilità per danni di qualsiasi natura derivanti dall’utilizzo di quanto riportato in questo articolo che tratta di ricerche e sperimentazioni ancora non validate per l’utilizzo umano nelle attività subacquee ed iperbariche in genere.
Senza scomodare la teoria della relatività , è ormai acclarato dai tempi di Galilei che una cosa è vera quando può essere misurata. Misurare se una deco è giusta o meno non è facile per non dire che è impossibile.
Aver fatto un’analisi di 1000 immersioni con un determinato profilo senza incorrere in PDD (Patologia Da Decompressione) non significa nulla!.
Magari il campione di persone utilizzato era costituito da giovani in perfetta forma fisica, con abitudini e stili di vita sani , con una buona acquaticitá e che durante le immersioni in acque temperate utilizzavano DPV (Diving Propulsion Vehicle) come accadeva a Wakulla Springs!
Quindi non fidatevi delle esperienze di team o addirittura di singoli subacquei anche se hanno effettuato e sono sopravvissuti ad immersioni estreme. Gli stessi identici profili potrebbero generare problemi se adottati da subacquei che magari sono fumatori, obesi, disidratati, con malattia metabolica incipiente che in definitiva sono ormai la maggior parte dei tecnici della prima ondata, ossia quelli che hanno iniziato agli albori della subacquea tecnica.
Sono oltremodo convinto che 5 minuti in più o in meno, oppure 3 metri più su o giù , non cambino la sostanza della decompressione. I profili ormai sono più o meno quelli. Si è passati da tabelle decompressive che,pur prevedendo l’uso di ossigeno fin dai 15 metri, ti facevano stare in acqua fintanto che non si veniva colonizzati da cozze e cirripedi, ai grandi casini degli anni ‘90, quando gli ideatori dei software decompressivi facevano a gara a chi generava più PDD nel tentativo di vincere la gara a chi accorciava di più i tempi.
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