Che effetto hanno le attività umane, e in particolare le immersioni subacquee e la pesca, sul corallo nell’Area Marina Protetta di Portofino?
Se lo sono chiesti i ricercatori dell’Università di Genova e lo hanno fatto – essendo studiosi – con una ricerca il cui titolo dice già tutto: “The dark side of diving tourism: impact on fragile species in the Portofino MPA”, il “lato oscuro” del turismo subacqueo.
La MPA di Portofino è la zona forse più frequentata – in Italia – per quanto riguarda le immersioni, con un bacino di utenza che comprende gran parte del nord Italia e anche dell’Italia del centro-nord; ma è meta anche di molti subacquei stranieri. Va poi considerata la ridotta estensione della riserva: “Circa cinque chilometri di costa lungo le quali – dice il professor Giorgio Bavestrello, docente di Zoologia del DISTAV (Dipartimento di Scienze della Terra, dell’Ambiente e della Vita dell’Università di Genova) in passato, quando la subacquea era maggiormente in voga, si facevano fino a 55mila immersioni anno; ora ci si attesta su circa 35mila”.
Numeri alti e ridotta estensione, uguale elevata pressione antropica.
Sono alcuni dei dati inseriti nello studio che verrà pubblicato a breve su Aquatic Conservation e che il docente ha realizzato con Federico Betti, Marzia Bo, Martina Coppari, Francesco Enrichetti, Luca Fravega, Riccardo Cattaneo-Vietti.
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