Riprendiamo il discorso che abbiamo iniziato la volta scorsa. Ci sono nelle acque infinite specie da fotografare (per la verità il loro numero è finito, ma anche vivendo – e fotografando – molto a lungo difficilmente riusciremmo a riprenderle tutte), e per ogni specie ci sono luoghi sulla terra dove è più facile vederla, trovarla, fotografarla nel modo giusto.
Sicuramente non esiste quasi mai un unico posto, ma è indubbio che se voglio fotografare per bene l’animale X, o anche solo vederlo, osservarne con calma il comportamento, un viaggio mirato alla località Y mi sarà di grande aiuto.
I frogfish (antennaridi, pesci rana) pelosi rappresentano un ottimo esempio di quello che intendo. Erano gli anni ’80 quando qualcuno iniziò a scoprire che le immersioni su fondali fangosi e sporchi (muck dive) potevano essere divertenti, interessanti, assai fruttuose in termini di soggetti da riprendere. Iniziò lo sfruttamento di località come lo stretto di Lembeh, subito famoso per le sue molte stranezze, tra cui un ruolo importante avevano i frogfish che i sub battezzarono subito “pelosi” per le espansioni cutanee che li rendono simili a un ciuffo di alghe. I frogfish pelosi amano i fondali di sabbia nera vulcanica, le acque calme di baie costiere o stretti, meglio se arricchite dall’apporto di fiumi vicini. In teoria li possiamo trovare in molti diversi siti sparsi per tutto l’Indo-Pacifico. Però, anche se li ho visti in altre località, nella mia esperienza lo stretto di Lembeh rimane il sito di elezione.
Per inciso ne esiste più di una specie. Antennarius striatus è il principale. Grosso, appariscente, con espansioni cutanee che possono essere molto lunghe (o possono anche mancare del tutto, in una versione “palla da biliardo”). L’elemento che i biologi usano maggiormente per riconoscerlo è l’esca, che Antennarius striatus ha grossa e a forma di verme quando la spiega e sventola per attrarre la preda. In più si lascia avvicinare facilmente dal fotografo, non è intimorito facilmente, anzi capita che si esibisca in comportamenti che fanno felice il fotografo, come sventolare l’esca o sbadigliare spalancando l’enorme bocca.
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